Strettamente connesso all’area semantica di democrazia e politica troviamo infine l’aggettivo civile, usato frequentemente nei sintagmi società civile, opposizione civile oppure come modificatore di nomi fortemente connotati emotivamente: Impegno civile; Coscienza civile; Convivenza civile; Passione civile; Obbligo civile; Normalità civile; Protesta civile; Partecipazione civile. «La società civile è quell’insieme di stili di vita, di regole e di istituzioni che fa sì che la natura ambivalente dell’essere umano, la sua “insocievole socievolezza, possa essere orientata al bene comune. L’insieme dei corpi sociali intermedi di cui parla la Costituzione italiana: famiglia, associazionismo, terzo settore. I corpi intermedi della società civile – come sono indicati all’art.2 della nostra carta costituzionale – sono considerati dagli studiosi di economia politica (a differenza degli studiosi di economia civile) tanto importanti per il progresso culturale e morale del Paese, quanto irrilevanti per il suo successo economico. La società civile non può essere riduttivamente identificata con l’esistenza di una pluralità di istituzioni capaci di controbilanciare la forza dello Stato. Ciò è necessario, ma non sufficiente. Nelle nostre realtà odierne, la società civile o trova il modo di esprimersi a livello della sfera delle relazioni economiche, proponendosi come forza autonoma e indipendente, oppure rischia di diventare poco più che una espressione letteraria, una sorta di wishful thinking. La “nuova” società civile di cui l’Italia ha urgente bisogno per raccogliere la sfida della post-modernità non può non includere una vitale economia civile. Nei Paesi dove è debole la società civile, i cittadini perseguono e tutelano i propri interessi “proteggendosi” dalle istituzioni (non pago le tasse perché così mi arricchisco più in fretta; pratico il free-riding perché risparmio risorse o energie, e così via);  in quei Paesi dove invece essa è robusta, i cittadini realizzano i propri interessi operando all’interno e per mezzo delle istituzioni» (Parole di Economia Civile: Società Civile di Stefano Zamagni). 4 Il discorso dei girotondi Di Donatella Anselmi 4.3 lessico e topoi […] La “chiamata a raccolta” dei cittadini nei vari “appelli”, che testimoniano e partecipano la consapevolezza della rilevanza per la vita di tutti delle questioni politiche (vedi la gente si è riappropriata della politica riportato poco sopra), quindi della democrazia come condizione per una partecipazione alla vita sociale e politica del Paese. […] La concezione della politica che fa da cornice e precisa il senso di democrazia per i girotondi è evidentemente agli antipodi del significato che ad essa si è andato associando — almeno come senso comune — negli ultimi 10-20 anni (e che ha potuto far condividere a molti cittadini-elettori affermazioni «come basta con la politica delle baruffe, delle parole, delle chiacchiere, dei veti incrociati, dei vecchi rancori, delle trattative sotto il tavolo…» (Corpus Berlusconi, Anteli e Santulli 2002) ma non è affatto una concezione nuova o rivoluzionaria. Al contrario, si può dire che essa nasca assieme al vocabolario politico italiano, nella stagione, già ricordata, del triennio 1796-1799. Leso (1994), analizzando alcuni termini chiave di questo lessico, rileva come proprio in quegli anni politica sia passato da un senso completamente negativo (politica come luogo del raggiro, del machiavellismo) ad uno positivo, determinato da vari fattori, tra i quali l’accesso e la partecipazione di nuovi soggetti alla cosa pubblica e l’allargamento della sfera di interesse politico agli aspetti della vita di tutti. D’altra parte non occorre risalire alle origini per rinvenire dei precedenti: almeno per quanto riguarda l’atteggiamento verso la politica è sufficiente sovvenire l’aggettivazione (pag. 88) ridondante del periodo della contestazione (12), quando, prima del cosiddetto “riflusso”, ogni aspetto della vita veniva considerato politico: decisione politica, voto politico, esproprio politico, ecc. Sennonché nell’atteggiamento e nella prassi del periodo sessantottino la politica era lo strumento per “democratizzare lo Stato” con l’obiettivo di estendere e ridistribuire il benessere sollecitando l’intervento dello Stato stesso, quindi “dall’alto”, mentre le nozioni di politica e democrazia nel discorso dei girotondi assumono il valore di una Weltanschauung, di una visione del mondo fondata su certi ideali e caratterizzata da certi comportamenti che si creano “dal basso”, nel tessuto sociale, e che solo in seconda istanza possono avere effetti sull’attività regolatrice dello Stato: La gente si è riappropriata della politica, Noi cittadini possiamo fare politica Possibilità, per ogni cittadino democratico, di contare nella vita politica [alla politica organizzata esercitata nelle grigie stanze del potere viene opposta la politica bricolage dei girotondi] Strettamente connesso all’area semantica di democrazia e politica troviamo infine l’aggettivo civile, usato frequentemente nei sintagmi società civile, opposizione civile oppure come modificatore di nomi fortemente connotati emotivamente: Impegno civile; Coscienza civile; Convivenza civile; Passione civile; Obbligo civile; Normalità civile; Protesta civile; Partecipazione civile. Anche in questo caso non siamo di fronte ad un vocabolo nuovo, ma ad un termine ricco di storia e, anche per questo, di difficile interpretazione. Seguendo quanto detto prima, però, la nozione civile o società civile si salda alla visione di democrazia come fatto sociale, confermando una visione etica della società, la quale deriva la sua essenza dai rapporti tra gli attori sociali e da valori condivisi Vale qui la pena di notare che il richiamo al concetto di società civile con-tribuisce a collocare i girotondi a fianco di altri movimenti più noti. (pag. 89) La mondializzazione ha determinato la nascita di una “società civile transnazionale” che si esprime attraverso istituzioni nazionali (partiti ecc.), movimenti (donne, gay) e organizzazioni globali (Amnesty International, Emergency, ecc.). La nozione di “società civile” costituisce quindi, come appare evidente, un termine chiave per l’area dei movimenti, sebbene il suo significato sembri sfuggire ad una definizione univoca, prestandosi a differenti interpretazioni e presentandosi piuttosto come l’etichetta di «un’area in costante movimento e dai confini sfumati» (Garancini, 1997: 217). Secondo l’accezione “classica”, originata nella polis greca, con società civile si rimanda alla sfera politica, escludendo gli ambiti personali e familiari (di pertinenza della società naturale); nel corso della sua storia questo significato ha poi mostrato oscillazioni e letture diverse (Bobbio, Matteucci, Pasquino, 1983). Ginsborg (1998) lamenta come ancora oggi tra gli studiosi di problemi sociali, e ancor più nel pubblico non specialista, la nozione di “società civile” sia ben lungi dall’essere chiara, e risulti fortemente contaminata dalle due ideologie che, in passato, ne hanno tracciato il profilo: liberalismo e socialismo. Secondo il pensiero liberale, il referente di società civile è costituito da gruppi sociali esterni alle istituzioni ed ai partiti che promuovono la modernizzazione e lo sviluppo, mentre nella prospettiva socialista, tale referente è individuato nei gruppi sociali che attribuiscono allo Stato la funzione di equilibratore di disuguaglianze e redistributore di ricchezze (Donati, 1997). Un medesimo termine, quindi, si è trovato – e si trova – ad indicare istanze non solo diverse ma anche contrapposte. Questa ambiguità viene mantenuta nelle accezioni del termine suggerite nel discorso dei girotondi, laddove la nozione di società civile viene usata per riferirsi all’insieme dei cittadini che si oppongono ad una concezione affaristico-autoritaria della società e dello Stato propugnata dall’apparato politico-economico oggi al potere in Italia. Contrapposizione fondata su basi etiche, però, più che ideologiche o di partito, e che conferma, malgrado la permanenza del termine, la distanza con le posizioni della sinistra “storica” o contestatrice. Troviamo qui conferma di quanto affermato poco sopra, vale a dire la caratteristica di discorso che ruota attorno alla concezione di una democrazia sociale, dal basso, che informa di sé l’azione dello Stato. Ma società civile adombra una “scelta” all’interno del tessuto sociale. Infatti malgrado la concezione “neutra” del sintagma si riferisca alle attività ed istituzioni che esulano dalla famiglia, da un lato, e dalla sfera statale, dall’altro, l’espressione, nel discorso dei girotondi, oltre a mediare tra sfera pubblica e sfera privata, istituisce una dissociazione (13) all’interno della nozione di società, come dichiara (pag. 90) esplicitamente P. Ginsborg in un recente saggio: [l’accezione del termine società civile] «copre l’area intermedia tra famiglia e Stato, ma distingue tra società “civile” e “incivile”, tra reti e associazioni che stimolano la democrazia, il pluralismo, la parità di genere, e quelle che agiscono in senso opposto» (Ginsborg, 1998: 181) (14). Come ogni tecnica dissociativa, il termine originario (società) dà luogo a due sottoconcetti dotati di valore diverso: nel nostro caso abbiamo società civile vs società (implicitamente) incivile. Possiamo domandarci se queste distinzioni concettuali trovino spazio, oltre che negli scritti teorici dei leader del movimento, anche nei discorsi prodotti, a vario titolo, dagli altri appartenenti ai girotondi. Se, cioè, al richiamo alla società civile corrisponda una precisa presa di posizione relativa al senso da dare a questa etichetta. Nel campione di testi presi in esame l’aggettivo civile è tra le parole più frequenti, usato come modificatore di società e opposizione (in questo caso si tratta del nome proprio di una organizzazione, Opposizione Civile, tra i promotori dei girotondi). Il senso dissociativo del termine (“civile” opposto a “incivile”) non viene tuttavia esplicitato nei testi in esame e il sintagma società civile conserva l’ambiguità notata in sede di analisi (Donati, cit.). Esprimendo prima di tutto un desiderio di diversa e più attiva partecipazione “dal basso”, che si ricollega, almeno nei discorsi e negli appelli alla mobilitazione, alla nozione “classica” di società civile, quella della polis greca, il sintagma finisce per indicare genericamente i cittadini che si oppongono alla attuale gestione della cosa pubblica.(pag. 91) 12 Riunisco, per comodità, sotto l’etichetta “contestazione” momenti storici che hanno avuto caratteri e manifestazioni anche assai diverse, ma che, dal punto di vista linguistico, possono essere considerati abbastanza omogenei. 13 La dissociazione fa parte delle tecniche retoriche che modificano la realtà, poiché scinde una nozione unitaria in due parti alle quali è assegnato un diverso valore (ad esempio, una realtà “vera” ed una realtà “apparente”); cfr. Perelman e Olbrechts-Tyteca (1966), Van Rees (2003). 14 In altri studi non è tuttavia presente questa contrapposizione, ad esempio Garancini afferma esplicitamente che «Il concetto di società civile (…) non deriva da un’antitesi con un altro termine di paragone…» (Garancini, 1997: 217), mentre il modello “relazionale” di società civile delineato da Donati (1997), pur non esplicitando il termine negativo del concetto “società” dissociato, vi fa implicitamente riferimento, quando parla di «sfere di relazioni sociali (…) auto-generate da soggetti in relazione fra loro secondo la distinzione-guida umano/non umano (corsivo mio)» (Donati, 1997: 38).
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