«Un libretto tutto d’oro e d’argento è ‘Immaginazione e creatività nell’età infantile’, di L.S. Vygotskij (Editori Riuniti, Roma 1972) che ai miei occhi, per quanto vecchiotto, ha due grandi pregi:
primo, descrive con chiarezza e semplicità l’immaginazione come modo di operare della mente umana;
secondo, riconosce a tutti gli uomini — e non a pochi privilegiati (gli artisti) o a pochi selezionati (a mezzo test, dietro finanziamento di qualche Foundation) — una comune attitudine alla creatività, rispetto alla quale le differenze si rivelano per lo piú un prodotto di fattori sociali e culturali.
La funzione creatrice dell’immaginazione appartiene all’uomo comune, allo scienziato, al tecnico; è essenziale alle scoperte scientifiche come alla nascita dell’opera d’arte; è addirittura condizione necessaria della vita quotidiana…
Germi di immaginazione creativa, incalza il Vygotskij, si manifestano nei giochi degli animali: tanto piú essi si manifestano nella vita infantile.
Il gioco non è un semplice ricordo di impressioni vissute, ma una rielaborazione creatrice di quelle, un processo attraverso il quale il bambino combina tra loro i dati dell’esperienza per costruire una nuova realtà, rispondente alle sue curiosità e ai suoi bisogni.
Ma appunto perché l’immaginazione costruisce solo con materiali presi dalla realtà (e perciò nell’adulto può costruire piú in grande) bisogna che il bambino, per nutrire la sua immaginazione e applicarla a compiti adeguati, che ne rafforzino le strutture e ne allarghino gli orizzonti, possa crescere in un ambiente ricco di impulsi e di stimoli, in ogni direzione.
La presente «grammatica della fantasia» — questo mi sembra il luogo per chiarirlo definitivamente — non è né una teoria dell’immaginazione infantile (ci vorrebbe altro…) né una raccolta di ricette, un Artusi delle storie, ma, ritengo, una proposta da mettere accanto a tutte le altre che tendono ad arricchire di stimoli l’ambiente (casa o scuola, non importa) in cui il bambino cresce.
La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni. Le fiabe (ascoltate o inventate) non sono «tutto» quel che serve al bambino.
Il libero uso di tutte le possibilità della lingua non rappresenta che una delle direzioni in cui egli può espandersi. Ma «tout se tient», come dicono i francesi.
L’immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo.
Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore.
Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo.
Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà — fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà — vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla.
Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione. Di uomini creativi, s’intende, va in cerca anche questa società, per i suoi fini.
Scrive candidamente il Cropley, nel suo libro ‘La creatività’, che lo studio del pensiero divergente si colloca nel quadro della «utilizzazione massima di tutte le risorse intellettuali dei popoli», ed è essenziale «per mantenere le proprie posizioni nel mondo». Grazie tante: «cercansi persone creative» perché il mondo resti com’è. Nossignore: sviluppiamo invece la creatività di tutti, perché il mondo cambi».
Immaginazione, Creatività, Scuola La Biblioteca Di Gianni Rodar!