Bacio di Giuda, Caravaggio
Bacio di Giuda, Caravaggio

Nell’anno 64 a.C. Pompeo alla guida delle legioni romane, conquista Gerusalemme, invadendo Israele. La Giudea diventa una provincia del vasto Impero Romano. I movimenti nazionalisti fomentano la rivolta nonostante i tentativi di soffocarla nel sangue. Gli ebrei più oltranzisti appartenenti agli zeloti continuano le loro azioni terroristiche. Le regioni dove i ribelli sono più radicati sono Gerusalemme e la Galilea.

Nel primo secolo lo zelotismo va impadronendosi gradualmente delle masse, delle città e ancor più delle campagne, le porta al fanatismo e le conduce alla violenza dei predoni e dei sicari, che porteranno la rivolta del 66 d.C., e la conseguente catastrofe del 70 d.C.. Fonte sull’origine del movimento zelota è la testimonianza di Giuseppe Flavio. «In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei così detti sicari (Ekariots), che commettevano assassini in pieno giorno nel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondevano sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questi colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e recitavano così bene da essere creduti e quindi non riconoscibili» (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica II- 12);

L’azione si svolge, dopo un  prologo che spiega il contesto storico, secondo i vangeli scegliendo tutti quei passi che lasciano aperta una visione di tipo messianico

A Betlemme, nasce Gesù.

Trascorrono trent’anni. Giovanni Battista prepara la strada al Messia. Il regno di Giudea è sotto il controllo del procuratore romano, Ponzio Pilato. Giuda Iscariota che è scappato da Gerusalemme per sfuggire alla croce a cui erano destinati i sicari, assiste al battesimo di Gesù. “Iscariota” sarebbe la traduzione dall’ebraico Ekariot che significa sicario. Durante la dominazione romana della Palestina, il soprannome di Ekariots veniva dato agli zeloti più oltranzisti i quali eseguivano azioni di terrorismo anche in forma isolata.

Durante la predicazione in Galilea Cristo con le guarigioni, le parabole e i miracoli raccoglie intorno a se sempre più persone, la sua fama cresce di giorno in giorno. Per gestire questa moltitudine Cristo chiama a se gli apostoli.

Giuda Iscariota diventa uno dei dodici apostoli.

Gli apostoli erano coinvolti nel movimento zelota con Simone detto per l’appunto Zelota (Luca 6,13-16[4]; Atti 1,13) e Giuda detto Iscariota, secondo l’equivalenza tra Iscariota e Sicario, entrambi da annoverare nella cerchia dei messianisti.

Giuda segue entusiasticamente Gesù fino al terzo annuncio della passione che lo turba e lo spinge a confidarsi con uno zelota ortodosso che ha la stessa faccia di Satana durante le tentazioni di Gesù nel deserto. I Vangeli dicono espressamente che il diavolo aveva messo nel cuore di Giuda di tradire Gesù.

Lo Zelota gli spiega che Gesù ha bisogno di essere crocifisso il giorno della parascieve perché al tramonto i condannati saranno tirati giù dalla croce per non lasciarli esposti il giorno del sabato coincidente con la pasqua ebraica, il sabato più solenne di tutti. Lo zelota spiega e predice che Gesù scenderà vivo dalla croce e allora nessuno potrà opporsi a suo potere. Gesù ha nel suo programma la liberazione politico-militare di Israele. Perciò bisogna fare in fretta, dovrà essere arrestato nella notte di venerdì condannato la mattina di venerdì e subito crocefisso, per essere tirato giù dalla croce prima del tramonto di venerdì, svenuto, ma non morto e allora si manifesterà come re dei Giudei e tutti lo seguiranno.

Lo zelota spiega a Giuda tutta la passione in questo senso interpretando a suo modo i reali passi del vangelo di Matteo, Marco e Luca. Entrambi si trovano d’accordo che non è importante l’eterno, chissà se esiste, ma il qui ed ora.

Giuda dopo le spiegazioni e le predizioni dell’amico zelota se ne va assorto, ma fiducioso che il Messia come lo intende la tradizione ebraica sta per  manifestarsi e raggiunge Gesù mentre sta per entrare trionfalmente in Gerusalemme.

I fatti avvengono come li ha raccontati lo zelota a Giuda, finché Giuda, fiducioso che davanti a Pilato si realizzerà la scena predetta, aspetta Gesù davanti a Pilato e si mischia con il pubblico. Giuda quando ascolta Gesù rispondere che il suo regno non è di questo mondo ( Giovanni 18, 28-40) si dispera.

Tutti in Giudea attendevano un Messia trionfante. Un inviato del Signore che stabilisse il regno di Dio: un Israele libera dall’oppressione che dominasse gli altri popoli. La delusione arriva al parossismo davanti al rifiuto di Gesù di assumere un ruolo politico. Il compenso stabilito con i sacerdoti del Sinedrio era una copertura per non insospettirli. D’altra parte egli chiede ai sacerdoti di fare il prezzo, ed essi stabiliscono che il prezzo per arrestare Gesù di notte, senza clamore, è trenta sicli o stateri d’argento, non denari d’oro. Il prezzo di uno schiavo vecchio e non specializzato.

Tutti i suoi piani crollano e si rende conto che Cristo deve morire per davvero perché il suo regno adesso è nell’aldilà. Egli non è il Messia secondo la tradizione ebraica che aveva sperato si manifestasse. Al suo posto viene liberato Barabba che era uno zelota ortodosso. La delusione arriva nel suo sprofondo. Il crollo lo porta al suicidio. Il suo progetto che era di far parte del gruppo ristretto e intimo dei collaboratori del Messia destinato, finalmente, a trionfare come un grande re terreno, risulta fallito.

Il tradimento che doveva servire a fare in fretta per permettere a Gesù di scendere dalla croce vivo, dopo sei ore di atroce sofferenza, è addirittura inutile. Rimarrà solo l’infamia. Il Maestro che aveva seguito pieno di amore e di speranza per tanti anni, dovrà morire con il supplizio più infamante.

C’è una spiegazione di ordine messianico: Giuda è deluso nel vedere che Gesù non inserisce nel suo programma la liberazione politico-militare del proprio paese.

Giuda comprendendo che Gesù era stato condannato ingiustamente, si pente e riporta le trenta moneted’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: “Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente”. Ma quelli rispondono: “Che ci riguarda? Veditela tu!”.

Mentre Cristo viene flagellato e messo in Croce Giuda si suicida.

L’azione si conclude con la resurrezione di Gesù, le sue apparizioni ai discepoli e la sua ascesa in cielo narrate dai vangeli.

 Apc-PASQUA/ BENEDETTO XVI: GIUDA E’ IL POTERE, L’UOMO NON LO SEGUA   Il

Papa apre il Triduo Pasquale con la lavanda dei piedi a San Giovanni   Città del Vaticano, 13 apr, 2006. (Apcom) – Appello di Ratzinger a ritrovare la fiducia e l’amore in Dio e a non concentrarsi solo su “potere e successo”. Non seguiamo Giuda che “valuta Gesù secondo le categorie del potere e del successo: per lui l’amore non conta, solo potere e successo sono realtà”, ha detto Papa Benedetto XVI , aprendo a San Giovanni in Laterano le celebrazionin del Triduo Pasquale con il rito della lavanda dei piedi

Apc-PAPA/GIUDA TRADI’ PER 30 DENARI, MA GESU’ RISPETTA NOSTRA LIBERTA’

Città del Vaticano, 18 ott, 2006. (Apcom) – “Giuda tradì Gesù per trenta denari, ma poi si pentì. E questo indica che Gesù rispetta la nostra libertà”.

Sulla figura dell’apostolo traditore si è soffermato Benedetto XVI durante l’udienza generale in piazza San Pietro, affollata da oltre 40mila fedeli.

Il Vangelo di Giovanni, ha ricordato, “dice espressamente che il diavolo aveva messo nel cuore di Giuda di tradire Gesù”.

Il Pontefice ha poi ricordato le teorie che sostengono “una spiegazione di ordine messianico: Giuda sarebbe stato deluso nel vedere che Gesù non inseriva nel suo programma la liberazione politico-militare del proprio paese. In realtà i testi evangelici – ha proseguito il Papa – insistono su un altro aspetto: il tradimento di Giuda per trenta denari (poi riconsegnati dall’apostolo pentito prima di suicidarsi), nonostante la fiducia che gli era stata da Cristo che lo ha trattato da amico”. Un pensiero infine Benedetto XVI lo ha dedicato al suicidio di  Giuda, il cui pentimento “è degenerato nella disperazione e nell’autodistruzione.

Quando pensiamo al ruolo negativo svolto da Giuda nella storia – ha concluso il pontefice – dobbiamo inserirlo nella superiore conduzione degli eventi da parte di Dio che nel suo misterioso progetto salvifico assume il gesto inescusabile di Guida come occasione del dono totale del figlio per la redenzione del mondo”. Al termine dell’udienza il Papa ha indossato un mantello africano, dono di alcuni vescovi che lo hanno salutato. Ssa
181356 oct 06

Corriere della Sera 14 aprile 2006 UNA CONDANNA DA 1.800 ANNI

I trenta denari e la politica

L’eresia dell’«Iscariota benefico» Smettiamola, innanzitutto, con le sciocchezze un po’ ridicole. Come alcune sintesi e interpretazioni di ieri a commento dell’omelia del Papa alla liturgia che commemora l’istituzione dell’eucaristia.

Sintesi come: «Nessuna riabilitazione per l’apostolo che pure non tradì, come ora sappiamo». Come già detto su queste stesse colonne, già oltre diciotto secoli fa la Chiesa condannò un’eresia gnostica tra tante, quella dei «cainiti» che, valorizzando in chiave antiebraica le figure negative della Scrittura, ipotizzava un Iscariota benefico, traditore su commissione di Gesù stesso.

Da 1800 anni sapevamo della condanna dei Padri della Chiesa di questo pseudo-vangelo e, oltre al nome, ne conoscevano a larghi tratti i contenuti e le intenzioni. Sapevamo, dunque, su che cosa si basava la condanna.

Il papiro pubblicato ora a cura del National Geographic Magazine, con un clamore mediatico sospettato non a torto di interesse commerciale, non ci rivela nulla di nuovo se non alcuni dei testi precisi sui quali calò l’interdetto cattolico. Insomma: un frammento di apocrifo come tanti, una curiosità per specialisti sugli infiniti deliramenta della capacità orientale di costruire fantasiose eresie, non certo la rivelazione di un «altro modo » di leggere la figura di Giuda all’interno della Chiesa apostolica.

Se nessuno parla delle infinite bizzarrie eterodosse dei testi apocrifi del Nuovo Testamento, forse non è solo perché i giornalisti ne sanno poco, ma perché nessuna azienda ha pensato di sfruttarli per vendere riviste, libri, dvd.

E anche perché non si è deciso (almeno per il momento, ma ci stiamo arrivando) di inserire anch’essi nel grottesco filone pseudo-biblico del quale Dan Brown è solo lo spacciatore più fortunato. Per venire a cose più concrete: nel suo commento all’apertura del Triduo Pasquale, Benedetto XVI ha mostrato di aderire ad una tra le molte ipotesi che — peraltro liberamente e legittimamente — dividono esegeti e teologi cristiani, non solo cattolici.

Il papa, infatti, ha detto che Giuda «valuta Gesù secondo le categorie del potere e del successo: per lui l’amore non conta, solo potere e successo sono una realtà». Questa dell’attuale pontefice è la lettura più severa del mistero del tradimento.

Per altri commentatori, non ci fu, all’origine, il desiderio di soldi: le trenta monete d’argento (non denari, assai preziosi, ma modesti sicli o stateri) non erano una gran somma, equivalevano al prezzo di uno schiavo della qualità peggiore, vecchio e poco abile.

Poiché l’apostolo era l’amministratore della comunità itinerante (mantenuta, con generosità, da ricche mogli e vedove, oltre che da offerte di devoti e simpatizzanti), sarebbe stato più proficuo fuggire con la cassa. Secondo alcuni, non il lucro ma proprio l’amore deluso spiega il comportamento di Giuda.

Alla pari dei suoi compagni, e di ogni ebreo del tempo, egli attendeva un Messia vincitore, un Inviato che—in nome di Dio—liberasse Israele dall’oppressione e gli sottomettesse gli altri popoli. La delusione andò crescendo, davanti al rifiuto di Gesù di assumere un ruolo politico; davanti al suo rifiuto di difendersi; davanti —addirittura—al preannuncio della morte.

E che morte, visto che la croce era per i romani il supplizio per gli schiavi e per gli ebrei il segno della maledizione divina!

Soltanto per una finta Giuda avrebbe accettato dal sinedrio il modesto compenso per indicare dove il Maestro passasse le notti, così da poterlo arrestare.

Era questo il modo—pensava—per mettere con le spalle al muro, per snidare quel Messia riluttante e così tardo a svelare il suo potere: per non essere catturato avrebbe finalmente mostrato quale fosse la potenza del Dio che lo aveva inviato.

E, invece, non andò così: Gesù proibì agli apostoli ogni difesa con la spada, si lasciò legare e percuotere, fu trascinato davanti al tribunale che avrebbe chiesto al governatore romano la sua morte.

Da qui, la disperazione di Giuda, il crollo che lo portò al suicidio. Ciò che lo aveva mosso era, probabilmente, anche l’interesse personale: quello di far parte del gruppo ristretto e intimo dei collaboratori del Messia destinato, finalmente, a trionfare come un grande re.

E in questo è d’accordo papa Ratzinger, parlando di ricerca di «potere e successo». Ma poteva esserci anche, lo si diceva, l’amore per quanto distorto, il desiderio di aiutare quel Galileo — che tanto lo aveva attratto da indurlo a seguirlo per anni — a rompere gli indugi, a mostrare chi fosse veramente.

Ipotesi, naturalmente, destinate a rimanere tali: Dio solo sa che cosa sia passato nel cuore di quello sventurato, quali siano state lemotivazioni profonde della decisione fatale. Non a caso la Chiesa non prende posizione ufficiale su di esse e lascia libertà ai biblisti, ai teologi, ai predicatori.

Anche il papa, ovviamente, ha ogni facoltà di propendere per una congettura o per un’altra, poiché ciò che conta è la conseguenza sia storica che metastorica del gesto dell’Iscariota.

In ogni caso, anche per Giuda la Chiesa non viene meno alla sua convinzione di sempre: sa, cioè, di avere dal Cristo la possibilità di affermare la salvezza eterna di un suo figlio, proclamando beati e santi.

Ma sa di non potere affermare di nessuno che si sia perduto per sempre: indica alcuni degli abitanti del Paradiso, si astiene da ogni nome per l’Inferno. E’ un silenzio che vale per tutti, persino per colui del quale il Maestro disse le parole terribili: «Meglio pr lui se non fosse mai nato». Neppure questo, confermano concordi Santi e Dottori, permette agli uomini di porre limiti alla misericordia divina. Vittorio Messori
Il Libro di Sabbia di Borges LIBRO DI SABBIA   Jorge Luis Borges scrisse, ne La setta dei trenta, uno degli splendidi racconti contenuti nel Libro di sabbia, parole che possono valere come introduzione: “Io, Giuda Iscariota, nato a Gerusalemme da padre mercante, cresciuto all’ombra del Tempio, istruito nella Legge e nelle Scritture, osservante delle norme e dei precetti, legato agli zeloti per cospirazione e fuggito alla città santa per scampare alla croce, percorrevo le terre d’Israele ansioso che l’Eterno Adonai si manifestasse mostrandomi un segno della sua potenza, o della sua vanità. Ero giovane, e impaziente. (…) Di fronte a ciò io ero tentato di chiedermi dove fosse l’Eterno, e se ci fosse davvero un Eterno o non piuttosto un infinito vuoto, un infinito niente come aveva cantato Qohélet(…)”.  
Please follow and like us: